La pirolisi è un processo di decomposizione termochimica di materiali organici ottenuto mediante l’applicazione di calore, a temperature comprese tra 300 e 800 gradi centigradi, in completa assenza di un agente ossidante, oppure con una ridottissima quantità di ossigeno (in questo ultimo caso il processo può essere descritto come una parziale gassificazione).

Riscaldando un composto di biomasse in presenza di ossigeno avviene una combustione che genera calore e produce composti gassosi ossidati; effettuando invece lo stesso riscaldamento in condizioni anaerobiche (totale assenza di ossigeno), il materiale subisce la scissione dei legami chimici originari con formazione di molecole più semplici. Il calore fornito nel processo di pirolisi viene quindi utilizzato per scindere i legami chimici, attuando quella che viene definita omolisi termicamente indotta.

I prodotti della pirolisi sono sia gassosi, sia liquidi, sia solidi, in proporzioni che dipendono dai metodi di pirolisi (pirolisi veloce, lenta, o convenzionale) e dai parametri di reazione. Uno dei maggiori problemi legati alla produzione di energia basata sui prodotti della pirolisi è la qualità di detti prodotti. Teoricamente la pirolisi di biomasse potrebbe dare un notevole aiuto per la sostituzione di carburanti fossili, perché:

1) Il biochar prodotto è CO2 neutrale e non produce fumi (se la sua temperatura di carbonizzazione è sufficientemente alta),

2) la produzione annuale di biomassa è più alta del consumo di energia mondiale.

È vero che non tutta la biomassa prodotta in natura potrebbe essere usata, ma e è anche vero che tanta biomassa – che potrebbe essere utilizzata per produrre energia – viene invece fatta decomporre nei campi. Per esempio in Cina ogni anno migliaia di tonnellate di paglia di riso vengono in gran parte bruciate nei campi. Un interessante articolo di review al riguardo della produzione di carbone a legna è l’articolo della FAO, dove si impara che il carbone di legno (o biochar) viene prodotto nei paesi del terzo mondo in gran parte con metodi artigianali, senza rispettare l’ambiente. Metodi industriali esistono, ma spesso sono complessi e costosi.


SVILUPPI E RICERCA TECNOLOGICA

Se una certa quantità di biomassa viene riscaldata in assenza di ossigeno a circa 300 gradi (pirolisi), si trasforma in carbone di legna, gas vari e catrame. Questo processo è stato utilizzato per migliaia di anni, ed esiste una ricca letteratura, anche molto recente sull’argomento. Tutti i metodi applicati negli impianti a larga scala, hanno in comune il fatto che una parte della biomassa viene bruciata per creare l’alta temperatura necessaria alla pirolizzazione del resto della biomassa.

Un siffatto processo è difficile da industrializzare, perché dipende molto dalle proprietà fisiche (composizione, umidità) della biomassa, che non sono mai stabili, crea fumo, e consuma un parte della biomassa stessa, riducendo l’efficienza della procedura. Un esempio dimostra quanto limitate sono le procedure attuali: il comune di Udine raccoglie ogni anno 7.000 tonnellate di verde. Questo materiale viene scartato, pagando un prezzo medio di 50€ per tonnellata per lo smaltimento. Teoricamente questo materiale potrebbe essere usato per creare circa 1.500 tonnellate di carbone di legna, risparmiando circa 350.000€ ogni anno.

Una attività consistente di ricerca sul campo della pirolisi (in particolare di quella solare) potrebbe contribuire allo sviluppo delle energie rinnovabili su scala mondiale. È per questo motivo che noi di Studio Olistico, attenti al benessere globale del pianeta Terra, siamo costantemente impegnati nella ricerca sulle fonti rinnovabili.